mercoledì 3 giugno 2009

Intervista a Cinzia Colaprico


Cinzia Colaprico, operaia della Electrolux di Forlì, candidata alle elezioni europee nella circoscrizione Nordest della Lista Anticapitalista (PRC-PDCI).

Cinzia Colaprico, lei è l’unica operaia candidata nella circoscrizione; oggi, secondo lei, quale contributo in più può dare una candidata operaia, che problemi quali la cassa integrazione, la sicurezza sul posto di lavoro, rischio disoccupazione e difesa dei diritti dei lavoratori li conosce e li vive in prima persona e non per sentito dire?

R. Il primo problema è la scarsa presenza di operai nelle istituzioni, e soprattutto di operai con un’esperienza di rappresentanza nei luoghi di lavoro. Formazione sul campo, che quando è fatta con coerenza e onestà, permette di avere molto più chiaro cos’è oggi la classe operaia,e come provare a rappresentarla. Rappresentare i lavoratori, la loro condizione, i loro bisogni, nei luoghi attualmente deputati a decidere è una necessità. Da tempo i lavoratori sono ai margini della vita politica e dei partiti e questo è un errore. So che non basta essere nelle istituzioni, se non vi è un legame e non si continua a costruire condizioni di protesta e movimento, partendo anche dai luoghi di lavoro, quei luoghi diventano sterile chiacchiericcio condizionato dalle varie lobby del sistema capitalista. È necessario portare voce e rappresentanza in ogni luogo per denunciare cos’è oggi realmente una fabbrica, un lavoro precario, il licenziamento, la precarietà, la povertà pur faticando tutti i giorni. Un operaio eletto nelle istituzioni deve sbattere la realtà in faccia a chi in quei luoghi finge di non conoscerla e continuare ad organizzare gli operai per costruire le condizioni di cambiamento.

Lei si candida con la Lista Anticapitalista promossa da Prc e Pdci; secondo lei per quale motivo, mentre è stato possibile costruire questa lista unitaria alle europee, non si è riusciti nella maggior parte delle elezioni amministrative?

R. Perché alle europee c’è lo sbarramento, e senza questo apparentamento nessuna possibilità di raggiungere il quorum era pensabile. Nelle elezioni amministrative i meccanismi sono altri e quella necessità non essendo impellente fa prevalere interessi particolari. Comunque credo che per raggiungere l’obiettivo di una forza anticapitalista e comunista di massa ci sia bisogno di una lunga attraversata che passa anche per un ricambio dei dirigenti. In tal senso confermo la necessità dell’impegno di operai con esperienze di lotta di coerente rappresentanza nella vita politica dei partiti e delle istituzioni.


Lei svolge attività sindacale nella FIOM come dirigente regionale e RSU. Secondo lei sarebbe auspicabile il coordinamento di lavoratori della FIOM CGIL con lavoratori dei sindacati di base? Secondo lei cosa ha frenato finora la ricerca di questa unità e come si potrebbe arrivarci?

R. La Fiom, così come le grandi organizzazioni di rappresentanza ha non poche contraddizioni al suo interno, anche di coerenza tra teorizzazione e pratica, soprattutto nei territori e nella contrattazione. Però è anche un’ importante anomalia positiva, presa nel suo insieme, nel panorama sindacale italiano. I particolarismi, la diversa struttura, la storia, fa spesso credere che ci sia incomunicabilità tra comitati di base, sindacati di base e organizzazioni sindacali come la Fiom. Però se si superano i livelli “burocratici”, la riflessione sulle condizioni di merito fa venir meno tante differenze, è per questo che forme di coordinamento sono utili. La strada per arrivare ad unire le forze è continuare a costruire, a stare sul merito e far vivere le esperienze tra i lavoratori.

Cosa pensa di quanti, tra i politici ed i sindacalisti, ritengono che si possano fare allo stesso tempo gli interessi degli operai e gli interessi dei padroni?

R. Che sbagliano. I padroni non la pensano così!

Da alcuni mesi il P-CARC ed altre forze hanno lanciato la parola d’ordine “Costruire un Governo di Blocco Popolare”, un governo formato e sostenuto dalle organizzazioni operaie e popolari che esistono nel nostro paese (http://www.carc.it/index.php?option=com_content&view=article&id=327:nessuna-azienda-deve-essere-chiusa-nessun-lavoratore-deve-essere-licenziato&catid=1:comunicati-e-volantini&Itemid=3), cosa ne pensa a riguardo?

R. Per la mia esperienza e ammettendo una certa ignoranza sul tema, per l’esperienza che vivo tutti i giorni nella fabbrica, nelle catene di montaggio, mi pare di poter dire che non siano mature le condizioni storico politiche per una soluzione di questa natura. È vero che è necessario essere pronti per i cambiamenti quando arrivano, ma oggi non è una soluzione capita dagli operai che dovrebbero esserne i protagonisti.

Alla fine dello scorso mese di aprile, come riportato anche sul sito dell’osservatorio sulla repressione del PRC (http://www.osservatoriorepressione.org), a Reggio Emilia la polizia ha sparato contro l’auto di alcuni compagni, “colpevoli” di aver fatto una scritta contro la sede di casa Pound, cosa pensa di questo episodio? Cosa pensa in genere del clima repressivo che sta avanzando in Italia?

R. Il paese sta regredendo sul piano dei diritti, delle liberà e della democrazia, e che queste regressioni portino verso l’autoritarismo violento e repressivo è evidente. Il gravissimo fatto si inquadra in questo contesto e nella quasi certezza dell’impunità per chi lo commette. Anche per questo serve costruire una forza comunista anticapitalista e di resistenza. Per farlo proviamo a partire dal meglio che c’è. Io parto dal lavoro fatto in tal senso da operaia dove repressione, violazione di diritti e dignità sono pane quotidiano e dove la resistenza si costruisce giorno per giorno, anche con la lotta non facile né da fare né da proclamare. Ma appena si può la si attua concretamente. Da noi si chiama sciopero e lo indiciamo anche senza il consenso di sigle sindacali.

Cosa ne penserebbe se P-CARC e Lista Comunista per il blocco popolare dessero indicazione di voto per lei alle prossime europee?

R. farebbero una cosa utile, a favore degli operai.

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