domenica 31 agosto 2008

domande critiche dubbi e risposte

Di seguito articolo tratto da Resistenza n. 7-8 2008

Irruzione elettorale
domande, critiche, dubbi e risposte

La nostra partecipazione alle scorse elezioni ci ha permesso di entrare in contatto con migliaia di lavoratori, studenti, pensionati, casalinghe e immigrati. Per noi è stato un vero “bagno di folla”. Abbiamo raccolto collaborazioni, consensi e incitazioni ad andare avanti e anche domande, dubbi e obiezioni rispetto alla nostra linea e al nostro progetto: le riportiamo con le nostre risposte su questo numero di Resistenza, con l’obiettivo di alimentare il dibattito sui compiti dei comunisti e sul ruolo che essi possono svolgere intervenendo nella lotta politica borghese da comunisti.

“Voi parlate di irruzione, ma siete in pochi. Non è un’esagerazione?”
Diciamo irruzione non perché siamo o vogliamo far credere di essere in molti, ma per indicare il modo in cui i comunisti intervengono nella lotta politica borghese: non per fare un’opposizione nei limiti concessi dalla borghesia agli oppositori, un’opposizione rispettosa delle regole scritte e non del teatrino, ossequiosa degli accordi e degli inciuci che si svolgono dietro il sipario, ligia al “senso dello Stato”. Al contrario, interveniamo per denunciare senza riguardo trame e le manovre dei politicanti ai danni delle masse e mandare all’aria il tavolo da baro con cui cercano di ingannarle, per promuovere la mobilitazione e l’organizzazione delle masse popolari ed elevare la loro coscienza di classe, per rafforzare le loro lotte e rivendicazioni, per propagandare la necessità di fare dell’Italia un nuovo paese socialista. L’obiettivo non è quello di diventare degli “onesti” amministratori di un sistema che fa acqua da tutte le parti, di “far funzionare meglio lo Stato dei padroni”, ma di accumulare forze rivoluzionarie.

“La vostra sarà pure un’irruzione, ma i numeri sono quelli che sono e dunque ha delle ripercussioni limitate nella lotta di classe nel nostro paese”…
In natura nulla nasce già grande. Questo vale anche nella politica rivoluzionaria. Per di più noi stiamo conducendo un percorso nuovo nel nostro paese: è dagli anni ’50 che i comunisti non utilizzano le elezioni per accumulare forze rivoluzionarie. Il PCI era in Parlamento (e aveva anche tanti voti), ma era diventato un partito revisionista, cioè aveva messo nel cassetto l’obiettivo di guidare le masse a portare fino in fondo la vittoria ottenuta con Resistenza antifascista ed era diventato la forza più a sinistra delle forze borghesi. Buona parte di quelli che invece erano per la rivoluzione, siccome attribuivano la degenerazione del PCI al fatto di partecipare alla lotta elettorale, arrivarono a teorizzare che i “veri rivoluzionari” non devono parteciparvi (rispolverando teorie che Lenin e Gramsci avevano già combattuto e sconfitto). Quindi in questi anni per imparare ad usare anche la lotta politica borghese per contribuire alla lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista abbiamo dovuto ripartire non proprio da zero, ma quasi. Adesso abbiamo una concezione migliore, più scientifica, che ci permette di “andare più a fondo” nel nostro intervento. Se avessimo aspettato di “essere esperti” per iniziare, avremmo aspettato in eterno. Le idee giuste vengono dalla pratica e dal suo bilancio. E i risultati iniziano a vedersi:
1- cresce la nostra influenza laddove interveniamo nella “competizione elettorale”: i 2.000 voti alle elezioni provinciali di Massa Carrara sono molto significativi da questo punto di vista, se si tiene conto del collasso elettorale della sinistra borghese su scala nazionale e del numero ridotto di militanti che abbiamo impiegato;
2- da quando abbiamo intrapreso questo percorso si sono intensificati gli attacchi repressivi contro di noi: questo dimostra che la borghesia teme l’irruzione dei comunisti nel “teatrino”.

“Perché parlate di accumulazione di forze, di blocco e poi presentate liste da soli”?
Il nostro Partito ha lanciato a tutte le forze comuniste e progressiste del nostro paese l’appello alla creazione di liste unitarie. La maggior parte però non ha accettato, per via dell’astensionismo di principio (“i veri rivoluzionari non partecipano alle elezioni”), del settarismo, dell’economicismo (“bisogna essere in tanti per fare delle liste unitarie”) e della concezione da politicanti (“meglio concorrere da soli, per avere la massima visibilità”) che ancora persistono nella fila del movimento comunista del nostro paese. Sinistra Critica, ad esempio, ha lanciato l’appello a fare liste comuni: noi abbiamo accolto pubblicamente l’invito, loro però hanno messo la testa sotto la sabbia. Il PCL, invece, ha detto chiaramente che voleva concorrere da solo… Questo ha creato delle contraddizioni tra i dirigenti politicanti e i loro militanti: il PCL di Carrara, ad esempio, ha fatto campagna elettorale per la Lista Comunista per il Blocco Popolare. Anche nel PRC si sono create delle contraddizioni: il compagno Renato Borgioli dopo vent’anni di militanza è uscito dal direttivo provinciale di Massa Carrara e si è candidato nella LC-BP per le provinciali.
In sostanza per avanzare nella rinascita del movimento comunista è necessario anche sviluppare la lotta contro le concezioni che ne frenano lo sviluppo. Chiamare all’unità e non curare la lotta, significa non porre le basi per l’unità. Noi siamo per l’unità, ma non al livello più basso (“unirsi su quello che tutti condividono”), ma per l’unità al livello più alto (“unirsi su quello che di più avanzato esiste in termini di concezione, linea, analisi”). Le Liste Comuniste per il Blocco Popolare con cui abbiamo partecipato alle elezioni rafforzano il processo di unità e lotta, sono un “passaggio intermedio” nella costruzione di liste del Blocco Popolare.

“Dite che i dirigenti nazionali del PCL non hanno ancora rotto con il politicantismo, allo stesso tempo però avete dato indicazione di votare per questo partito alle politiche. Non è una contraddizione?”
Abbiamo dato indicazione di voto per il PCL perché, tra le forze che partecipavano alle elezioni politiche e che in qualche modo si richiamano al comunismo, è quella che più ha mostrato di promuovere la solidarietà di classe contro la repressione e la politica da fronte, cioè l’unità d’azione tra le forze comuniste. Per questo abbiamo ritenuto giusto sostenerlo. Il nostro sostegno però non nascondeva le divergenze, anzi era finalizzato a rafforzare l’unità e la lotta: insieme all’indicazione di voto per il PCL, abbiamo criticato la tendenza economicista (“alle masse non bisogna parlare di socialismo: non lo capiscono”) e da politicanti (“bisogna partecipare da soli alle elezioni”) dei suoi dirigenti nazionali. Questo ci ha permesso di rafforzare i rapporti con alcuni circoli del PC e ha messo più in chiaro chi è veramente per l’unità d’azione e chi no, ha messo a nudo le divergenze e le contraddizioni, in particolare con i dirigenti. Ferrando, ad esempio, aveva accettato di partecipare a un’intervista per la nostra rivista Rapporti Sociali e poi si è tirato indietro. Si era impegnato, insieme a Grisolia, a mobilitare i militanti del PCL per il presidio davanti al tribunale di Bologna del 13 maggio e poi non lo ha fatto. Più si sviluppa l’unità nell’azione insieme alla lotta contro le posizioni sbagliate, più si sgombera il campo dal politicantismo e si avanza verso il Blocco Popolare.

“Per Blocco Popolare elettorale intendete liste unitarie composte da comunisti, da progressisti e da comitati di lotta. Quest’ultimi però non li avete coinvolti nella costruzione delle liste unitarie, perché?”
Oggettivamente siamo ancora poco capaci di relazionarci con i comitati di lotta e i sinceri democratici: oscilliamo tra relazionarci con loro come se fossero comunisti oppure all’opposto come se non avessero niente a che fare con il comunismo. Dobbiamo ancora superare fino in fondo il settarismo che abbiamo al nostro interno. Nella costruzione di liste unitarie non abbiamo coinvolto comitati di lotta o associazione progressiste. Nel corso della campagna elettorale, però, abbiamo rafforzato i rapporti esistenti con alcuni di essi (a Massa, ad esempio, con il comitato contro la chiusura dell’EVAM, al quale abbiamo messo a disposizione il nostro messaggio televisivo autogestito, e con i grillini). Il bilancio di queste esperienze ci permetterà di superare i nostri limiti e di avanzare. Perché è necessario rafforzare il lavoro comune, anche in campo elettorale, con questi organismi. I più avanzati tra loro, come per esempio il No dal Molin, hanno intrapreso la strada dell’irruzione nel teatrino della politica borghese. Anche in Val Susa e a Pianura si sta facendo strada questa linea. In sostanza cresce la tendenza verso il Blocco Popolare: il problema è elevare la concezione e il metodo di lavoro dei comunisti.

“Voi dite che la situazione è positiva, ma Berlusconi ha vinto, la Lega ha aumentato i suoi consensi, la gente si è sposta a destra, la sinistra è sparita dal Parlamento…”
Se da un lato è vero che l’asse politico all’interno del Parlamento si è spostato a destra, è anche vero che il collasso elettorale della sinistra borghese libera quei compagni che hanno la bandiera rossa nel cuore e che fin qui non vedevano altra via al di fuori di quella proposta dal Bertinotti e compagnia. Adesso questi compagni si guardano intorno e cercano una via per riprendere la lotta per il comunismo. Questi compagni sono le forze migliori del nostro paese, sono la base rossa del Blocco Popolare. Per unirli a noi nella lotta per la rinascita del movimento comunista nel nostro paese è necessario che il socialismo diventi in modo cosciente il loro obiettivo, quindi occorre fare un’articolata propaganda sul socialismo. Sbaglia chi, come Ferrando e come Cararo della Rete dei Comunisti, è convinto che gli elementi avanzati delle masse popolari non siano interessati al socialismo e che bisogna limitarsi a parlare di anti-capitalismo, di anti-imperialismo e di lotte rivendicative. Anche qui, il risultato elettorale delle Liste Comuniste per il Blocco Popolare parla chiaro.

“Ma pensate che con la sola propaganda si cambia il mondo?”
No, certo. Alla propaganda sul socialismo è necessario unire il lavoro per fare di ogni lotta una “scuola di comunismo”: ossia trasformare ogni lotta in un’occasione per rafforzare la coscienza di classe, l’organizzazione e l’indipendenza ideologica delle masse popolari dalla borghesia. E’ per questo che il nostro partito si sta preparando a fare una campagna di propaganda per il socialismo e una per la costruzione di Comitati Popolari di Controllo e denuncia delle Autorità e della Pubblica Amministrazione (CPC). Saranno organismi composti da studenti, lavoratori, pensionati, casalinghe, immigrati, disoccupati comunisti e progressisti, che sviluppano il controllo popolare sull’attività delle amministrazioni comunali, denunciandone le malefatte e promuovendo la mobilitazione delle masse popolare in difesa dei propri diritti, a sostegno delle proprie rivendicazioni. Non sono quindi comitati di lotta, nel senso comune del termine: sono organismi che, a differenza dei comitati di lotta, concentrano la loro attività nel controllo della pubblica amministrazione, quindi nell’irruzione nel “teatrino”. Questi organismi creano le condizioni per unire le forze migliori del nostro paese e costruire il Blocco Popolare.